“Chissà cosa penserebbero Angiolo Mazzoni e Oriolo Frezzotti se avessero la possibilità di ascoltare certi politici di Destra di Latina rivendicare la proprietà morale e culturale della radice storica di Latina, inneggiare all’esaltazione delle origini, della tradizione, del culto dell’architettura razionalista che fu candidata al titolo di patrimonio dell’umanità dall’Unesco. Mi riferisco ad una frangia di politici di una Destra furbacchiona, molti dei quali fanno politica da decenni, quelli per i quali Latina deve essere Littoria, quelli che alimentano un populismo di maniera più teso ad accumulare voti che a restituire ai latinensi l’originaria vocazione di una città travolta dagli scempi edilizi, mutilata nelle sue connotazioni edilizie, resa informe dalle sregolatezze gestionali. Sanno fin troppo bene, i miei colleghi, che l’anima più intima del cittadino di Latina è nostalgica come è ragionevole pensare che sia. Dunque giocano, specie in campagna elettorale, a rivendicare il ruolo di difensori della “tradizione” usando frasi cariche di retorica.
Dinanzi a tanta buona volontà mi preme sottolineare come la salvaguardia dell’identità cittadina strida in maniera eclatante con l’opera di distruzione sistematica di quei tasselli urbani che contraddistinguevano il capoluogo pontino, ideato da architetti di fama internazionale e con gli anni piegato dalle esigenze delle lobbies affaristiche o in alcuni casi dal cattivo gusto. Il nucleo cittadino originario, che prevedeva come baricentro un ottagono formato dalle due piazze principali, piazza della palla (piazza del Popolo) e piazza della Libertà (all’epoca piazza XIII marzo) dalle quali si dipanavano come rivoli ragionati le strade che arrivano alla circonvallazione oggi pullulano di caratteri aggiuntivi e sottrazioni importanti. Un anello ciclabile inutile ed ignorato dalla cittadinanza, un mercato annonario spostato in altra sede, la fruizione del centro storico vietata (per ora parzialmente) alle automobili come non era previsto nel primo piano regolatore fanno da contraltare a stili mischiati che invece di conferire stile alla città ne deformano l’identità.
“Rotonde” che evocano le masserie pugliesi, per poi improvvisamente richiamare i lussi della California ed infine invocare gli sbuffi barocchi di una Gardaland casereccia. Un capolavoro stilistico come l’ex Opera nazionale Combattenti che nella sua parte posteriore nasconde l’incuria ed una casina penosamente abbandonata, un viale (Italia) decurtato di tutti i suoi pini cresciuti insieme ad intere generazioni di latinensi sostituiti con un criterio integralista con accenni di alberelli che prenderanno forma quando sarà tempo per tutti di andare in pensione. E non mi soffermo sulle aggiunte incongrue, quegli omaggi estetici piazzati negli spazi verdi, il più delle volte a turbare l’assetto originario dei luoghi.
È questo, mi chiedo, il ritorno alle origini rivendicato e poi sfacciatamente tradito dai politici di una Destra che avrebbe dovuto preservare verde e palazzi di fondazione? Io credo che i fatti dicano il contrario di quanto ci viene fatto credere. Hanno agito come se stessero giocando a “Latinopoli”.
Marilena Sovrani